Storia di Rumi

In occasione dell’anniversario della sua nascita, vi raccontiamo la storia di Jalal ad-Din Rumi, detto Mevlana per quanta sapienza seppe portare alla Turchia e al mondo intero

Dall’Afghanistan all’Anatolia

La storia di Jalal ad-Din, detto poi “Rumi” ovvero “l’Anatolico”, comincia a Balkh, odierno Afghanistan, il 30 settembre 1207. Il padre, Baha ad-Din al Walad, è un affermato mistico, giurista e teologo presso la corte dell’Impero corasmio, mentre la madre, secondo la tradizione, sarebbe legata alla stirpe turca dei Khwārezm-Shāh; è importante comunque specificare che la lingua madre di Rumi era il persiano ed a tale etnia venne sempre associato. Pur essendo la famiglia di altissimo lignaggio, dal 1215 vennero costretti ad emigrare per buona parte del Medio Oriente; è certo che il motivo principale fu l’imminente arrivo dei mongoli, ma sempre più studiosi ritengono che vi fossero gravi problemi a palazzo, cosa che rese più semplice la partenza. Il primo luogo da loro raggiunto sarà Nishapur, ove, secondo la tradizione, Rumi avrebbe incontrato Farid ad-Din Attar, uno dei sufi più eminenti di tutti i tempi, che, stregato dal giovane, gli avrebbe donato uno dei suoi libri più importanti.

Da Nishapur si mosse poi a Baghdad e poi a Mecca, dove compirà l’Hajj, il pellegrinaggio musulmano, prima di dirigersi a Damasco (dove secondo alcune tradizioni incontrò Ibn ‘Arabi, altro grandissimo sufi) e visitare successivamente Erzincan, Malatya, Sivas ed altre città dell’Anatolia, fermandosi per 7 anni a Karaman, luogo in cui morì la madre e nella quale si sposò. Il 3 maggio 1228 il padre ricevette un invito ufficiale da parte del sultano selgiuchide ‘Ala al Din Kaykubad per trasferirsi alla sua corte a Konya, fornendo così a Jalal ad-Din ed alla sua famiglia le radici che tanto gli erano mancate, trasformandola così nella sua nuova casa.

Shams ad-Din Tabrizi e “l’illuminazione”

Nel 1231 muore Baha ad-Din muore e per questo Jalal ad-Din viene affidato alle cure di Burhan al-Din Tirmidhi che per ben 9 anni lo forma come giurista e sapiente, portandolo a viaggiare spesso fra Siria ed Anatolia; sarà proprio in questo periodo che scoprirà l’esistenza di Shams ad-Din Tabrizi, un uomo destinato a cambiare per sempre la sua vita. Nel 1241 inizierà a lavorare stabilmente a Konya e dopo appena 3 anni sarà raggiunto proprio da Shams ad-Din. Questo loro incontro è considerato ancora oggi qualcosa di incredibile e dalla strabordante carica mistico spirituale in quanto, secondo la tradizione, dopo un breve scambio di battute, Rumi ne rimase così affascinato da ricevere una vera e propria “illuminazione”, tanto da rinchiudersi in casa per ben 40 giorni in totale isolamento.

Il mausoleo di Shams ad-Din Tabrizi a Khoy, nell’odierno Iran

 

Da quel preciso momento fra i due si sviluppò un rapporto totale e di assoluta sintonia, tanto che in breve tempo ciò aizzerà le ire dei suoi discepoli, che nel 1246 porteranno Shams a fuggire a Damasco; la disperazione di Mevlana fu tale da inviare il suo stesso figlio pur di riportare a sé l’amato. Tale ritorno sarà tuttavia temporaneo, in quanto l’anno dopo fu nuovamente costretto a fuggire, senza però far più ritorno. Ancora oggi aleggia un’incredibile mistero riguardo la scomparsa di quest’uomo, ma i più ritengono che sia stato ucciso e nascosto dagli stessi seguaci di Jalal ad-Din che provavano per lui ardente invidia e gelosia.

Le opere e la morte

Il dolore provato da Rumi fu immenso e devastante, tanto che subito dopo iniziò a scrivere il suo “Divan-e Shams-e Tabrizi”, una delle sue opere poetico-spirituali più belle ed intense, dedicata proprio a colui che gli illuminò per la prima volta il cuore. Nel 1249 ottenne ufficialmente il titolo di “Mevlana” ovvero “nostro maestro” e a partire dal 1258, grazie all’insistenza del suo discepolo Husameddin Çelebi, iniziò a scrivere il suo Masnavi, opera mastodontica composta da ben 6 libri che terminerà solo con la sua morte, donando all’umanità uno dei libri più belli e ricchi di spiritualità che siano mai esistiti.

Nel 1273 si spense definitivamente nella sua Konya ed al suo funerale parteciparono tanto musulmani quanto cristiani, ebrei e genti di ogni credo e fede, tutti perdutamente innamorati della ricchezza spirituale emanata da quest’uomo. Per evitare che i suoi insegnamenti andassero persi, nel 1312 Husameddin Çelebi ed il figlio di Mevlana, Sultan Walad, formarono la confraternita Mawlawiyya, che ancora oggi ne conserva pensiero e spiritualità.



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