a cura di Cristiano Bedin
Sebbene ci siano molte informazioni sull’antica religione e mitologia turche nelle fonti cinesi, islamiche e occidentali, queste si presentano in modo molto disorganico e spesso sono troppo brevi per offrirne un’idea completa. Per compensare a queste lacune si sono spesso sviluppate ricerche sul campo presso tribù turche altaiche e yakute che hanno mantenuto culti di tipo sciamanico. Infatti, il culto del Dio-cielo, del sole, della luna, degli antenati terra-acqua e dei morti, che fu descritto dai cronisti cinesi in riferimento gli Xiongnu e i Göktürk, si avvicina alle espressioni religiose che si sono tramandate fino a oggi in tribù turche, nonostante l’influenza di culture diverse. Tuttavia, lo sciamanesimo Altaico e Yakuto non può essere accettato pienamente come rappresentazione fedele dell’antica religione turca. Prima di tutto va sottolineato che la visione del mondo e le concezioni religiose dei turchi, che fondarono grandi khanati e imperi nei tempi antichi e hanno creato un complesso mondo letterario epico, seppure in forma orale, erano molto sviluppate e mature rispetto allo sciamanesimo delle tribù turche odierne. Certamente gli antichi turchi senza dubbio erano sciamanisti. Tuttavia, questo sciamanesimo era in uno stadio molto sviluppato. In ogni caso in questo capitolo della storia della letteratura turca si cercherà di integrare la scarsità di notizie con tutto quello che si conosce della mitologia, cosmologia e cosmogonia dei turchi, servendosi anche delle ricerche etnografiche e antropologiche di studiosi come Radloff, Verbitskiy e Anohin, cercando di dare un’idea anche se non totalmente esaustiva dei riti e le credenze dei popoli turchi arcaici.
Sciamanesimo
Lo sciamanesimo è un insieme di credenze e pratiche molto antiche che sono state sviluppate dai turchi e dalle comunità a loro collegate, nelle regioni dell’Asia centrale da loro occupate, e che furono tramandate nel tempo da uomini religiosi chiamati “sciamani” o “kam”. Più che una religione ben codificata, si può parlare di un insieme di riti volti a stabilire una relazione tra dei, spiriti e umani. La parola sciamanesimo, derivata dal termine tungusico “šamān”, è entrata nella terminologia accademica, principalmente, grazie gli studiosi russi. In ambito turco è invalso il termine “kam” per definire i loro sciamani, cosa che ha portato a coniare il termine kamismo (kamlık), spesso associato al concetto di tengrismo. La prima religione dei turchi può essere quindi considerata un insieme di credenze totemiche, di culti degli antenati, di culti degli animali e della natura
Idea di Dio
Il pantheon della mitologia turca, come si potrà notare in seguito risulta gremito di divinità ed entità sovrannaturali, definite come “ruh”, spiriti. In ogni caso le informazioni in nostro possesso sono abbastanza limitate, spesso poco comprensibili e contraddittorie.
Nonostante la presenza di molte divinità alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi che in epoca arcaica i turchi fossero monoteisti, in particolare data la presenza di un’entità divina onnipotente e creatrice, Tengri, il dio supremo che si può identificare con il dio del cielo. Questo ha portato alla coniazione del termine Tengrismo, che è diventato in epoca moderna un movimento religioso basato sui principi arcaici della religiosità turco-mongola. Eppure le fonti a noi giunte ci fanno comprendere che i turchi, prima di diventare manichei, buddisti e musulmani, avessero un credo politeista basato su riti sciamanici, politeistici e totemici. È ipotizzabile una differenziazione tra le pratiche e credenze religiose del popolo e quelle dell’élite dominante, come accade per esempio in periodo Göktürk, in cui si denota una preponderanza del culto di Tengri come dio del cielo (cfr. le iscrizioni dell’Orkhon). Ciononostante non si può parlare nemmeno in questo caso di monoteismo dato che l’accezione del cielo come elemento onnipotente non è assimilabile al Dio ebraico e cristiano o all’Allah dell’islam. Al dio del cielo infatti si accompagnano una serie di divinità secondarie celesti e terrestri, oltre a demoni e spiriti infernali.
Dèi celesti e spiriti:
Anche se il dio del cielo, Tengri, è, logicamente, identificato con la volta celeste, è considerato anche il creatore dell’universo. Dopo la creazione si rifugia nei cieli e, senza allontanarsi completamente dall’umanità, invia sulla Terra altri dèi, suoi ambasciatori. Nel grande impero dei Göktürk Tegri era al centro dei riti ufficiali, tanto da essere definito “Dio turco”; in ogni caso vediamo che nell’iscrizioni dell’Orkhon si sottolinea la dicotomia divina Cielo-Terra, questo fa pensare alla presenza di altre divinità terresti minori. Tengri dona felicità (kul) e fortuna (ülüg) alle persone, fornisce ordine cosmologico e sociale e a lui sono fatti sacrifici e offerte. A lui sono spesso collegati divinità e spiriti minori. Al culto del Dio del Cielo ne furono accostati, in tempi antichi, altri che interessano il sole, la luna e le stelle. Le comunità turche veneravano certamente anche le stelle, in particolare la Stella polare, chiamata Demirkazık. Essa è collegata all’Asse del mondo (Axis mundi) che presso i turchi è l’Albero del Mondo (Dünya Ağacı) o è, altrimenti, definita “Ombelico della cielo”, collegato all’”Ombelico della Terra” attraverso un asse cosmico. Tra le tre divinità celesti la più importante è Ülgen, dio buono e giusto, spesso raffigurato con sembianze umane, che vive al di sopra del sole, della luna e delle stelle, seduto su un trono d’oro in un palazzo dal cancello dorato. L’unico che può avvicinarsi, anche se non completamente, a Ülgen è lo sciamano che nelle sue preghiere ne enumera i molteplici attributi: è considerato eterno, svolse un’opera importante nella creazione, regola gli elementi atmosferici e governa gli astri. A lui è, quindi, importante fare sacrifici e offerte. Altri sono gli dèi-spiriti celesti: Yayık, è protettore dell’umanità e messaggero di Ülgen; Suyla protegge gli uomini, tra i quali vive; Karlık è anche lui messaggero di Ülgen e lo informa dei sacrifici compiuti dallo sciamano e ne trasmette i desideri. Utkucı è il vero e proprio tramite tra dio e lo sciamano, poiché accoglie le offerte del kam che ha raggiunto la Stella Polare e le porge a Ülgen, allo sciamano, invece, consegna un’oca da cavalcare per tornare indietro.
Dèi e Spiriti della Terra/Acqua (Mondo di mezzo):
Come espresso in precedenza, nelle iscrizioni dell’Orkhon si possono identificare alcune divinità della Terra/Acqua. Queste sono un insieme di entità legate alla terra, che vivono ai piedi dei monti, nelle sorgenti dei fiumi, nei mari, regolano da vicino gli affari dell’umanità. Presso i turchi si sono sviluppate alcune credenze intorno a queste divinità, le più importanti delle quali riguarda i monti. La più nota delle alture sacre è Ötüken, centro del grande impero dei turchi celesti. Anche il culto delle caverne, in relazione a miti antropogonici e etnogonici, è legato a questi culti terrestri e si interseca alla nascita del popolo turco del lupo. Yo Kan è la più potente delle divinità della terra. Risiede in luogo, considerato il centro del mondo, in cui si trova un pino, simbolo dell’Albero della terra, che arriva fino al palazzo di Ülgen. Talay Kan è il sovrano dei mari e di tutte le acque sulla terra e protettore dei morti. Umay è la più importante dea, il cui nome compare nelle iscrizioni dell’Orkhon. Protegge donne e bambini e il suo culto è spesso associato al sole. È legata, inoltre, al concetto di “terra madre”, avvicinandola alla venerazione del “Luogo santo”, cioè Ötüken. In quanto elemento solare, Umay è anche associata al fuoco e al focolare. Altre due divinità femminili sono Ana Maygil e Ak-ene. Quest’ultima diede al dio Ülgen il potere e l’ispirazione per iniziare il suo processo di creazione (vedi Verbitskiy). Ana Maygil, invece, è lo spirito che protegge la nazione dei turchi. Anche gli spiriti che regolano il vento e la pioggia sono legati a divinità sia celesti, sia terrestri. Nei Göktürk, il fuoco è usato come elemento nelle cerimonie magiche per scacciare gli spiriti di magia e non è propriamente adorato. L’idea di alcune fonti che i turchi adorassero il fuoco è da considerarsi, molto probabilmente, un’interpretazione sbagliata di tali riti. Il culto del focolare è valutato all’interno del culto degli antenati.
Dèi/Spiriti appartenenti al sottosuolo (mondo inferiore):
Erlik, che può essere considerato il corrispettivo di Satana, è il capo delle divinità o spiriti malvagi appartenenti al sottosuolo. È probabile che il suo nome derivi da “erklig”, che significa “forte”. Erlik ha un ruolo determinante nei poemi della creazione ed è elemento malvagio e ingannatore opposto dall’onnipotente dio creatore. Quest’entità malefica ha creato una serie di spiriti malvagi che risiedono con lui nel sottosuolo, dove è posizionato l’inferno, luogo in cui risiedono i peccatori. Qui risiede in un palazzo dal tetto di ferro ed è assiso su un trono d’argento. L’insieme di spiriti maligni, guidato da Erlik, porta alle persone ogni tipo di male, malattia e morte e sono rappresentati come creature o demoni dalla forma terrificante.
Gli idoli (Tözler)
I Töz (spiriti), cioè gli idoli, emersero nella mitologia turca fin dai primi tempi più antichi e sono elementi principalmente legati all’animismo e al feticismo sciamanico. Il culto degli idoli è fortemente legato a quello degli antenati. In particolare l’animismo fonda le sue credenze sul fatto che tutti gli esseri, animati e inanimati, abbiano in sé un’anima; questo fatto vale anche per gli idoli, che rappresentano gli spiriti della natura o degli antenati. Il feticismo nel confronto degli idoli è legato al fatto di considerare sacri alcuni oggetti come pietre, pelle, corna di animali, artigli, ritenuti portatori di proprietà magiche ed efficaci contro il malocchio. Il culto degli idoli è anche legato ai culti dell’animale-padre o animale-madre. Erano idoli anche i simboli di uccelli creduti antenati, nelle tribù Oğuz. Questi idoli erano collegati alla concezione di spirito guardiano, concetto legato al fatto che gli eroi o i sacerdoti erano accompagnati da un animale che li guidava.
Gli idoli della cultura turca della steppa dalla testa di animale (tös) sono molto presenti: il totem (ongun) del lupo, che è particolarmente comune tra i turchi e aveva un posto importante in molte tribù dai Wu-sun agli Uiguri, era usato come idolo. I Göktürk realizzavano anche idoli di feltro, che tenevano in una borsa di pelle. Queste raffigurazioni erano spesso attaccate ai pali come bandiere. Sempre di questo tipo è la rappresentazione del lupo nella bandiera dei Göktürk. Idoli a forma di animale, i più comuni a forma di cervo, lupo e aquila, erano talvolta attaccati a un palo posto davanti alla tenda. Tutti questi oggetti erano considerati sacri e, come tali, erano oggetto di venerazione.
Lo sciamano (Kam)
Sono conosciuti come sciamani gli uomini religiosi di alcune tribù che agiscono come intermediari tra le divinità e gli spiriti e gli uomini. Secondo la concezione comune, il termine “sciamano” si riferisce a coloro che in una comunità cercano rimedi per le infermità, che riportano lo spirito del paziente che si è allontanato durante la malattia, che curano l’infertilità e danno aiuto nei parti difficili, che offrono sacrifici agli dèi celesti e terreni, che eseguono varie cerimonie religiose e recitano preghiere alle divinità, che guidano gli spiriti errabondi al loro luogo d’appartenenza (il regno dei morti) e che assistono le persone contro gli spiriti maligni, organizzando rituali per proteggerle e che possono predire il futuro. Questo termine designa sia i maschi che le femmine. Secondo diversi studi, i primi sciamani furono le donne ed ebbero un’influenza notevole e duratura in queste pratiche. Sono designati sciamani generalmente individui che si tengono distanti dalla società. Nelle comunità turche, uno sciamano inizia la sua carriera dopo aver svolto varie cerimonie. Diverse storie mitologiche mettono in risalto le fasi attraverso le quali uno sciamano diventa tale. Durante il processo di candidatura o nelle pratiche successive, si verifica un evento di disintegrazione e risurrezione spirituale. Questa è una disintegrazione mistica che i candidati sciamani devono affrontare. Lo sciamano, dopo aver purificato la propria anima dividendola in parti e aver sviluppato diverse capacità come forza, resistenza, vista e udito migliorati, continua la sua formazione con l’assistenza di una guida. Egli apprende come salire al cielo o discendere sulla terra. Prima di intraprendere un viaggio estatico per svolgere varie missioni, lo sciamano deve condurre una cerimonia. Durante questo viaggio, egli sale al cielo o scende negli inferi, mentre viene assistito da varie creature come aquile, anatre, oche, uccelli, cervi, cavalli, orsi e lupi. Uno di questi animali assume il ruolo di spirito tutelare dello sciamano.
Uno dei materiali dello sciamano è l’abito su cui sono presenti vari elementi e resti di animali. Questo vestito indica che ha la capacità di trasformarsi durante il suo viaggio estatico. L’abito viene presentato all’esame degli spiriti con la cerimonia della “consacrazione del manyak”. Secondo i ricercatori, gli abiti da sciamano più antichi e originali sono quelli che imitano le forme degli animali, dato che questo deve mostrare che lo sciamano può assumere la forma del proprio antenato nel momento del viaggio estatico.
Uno degli oggetti più importanti delle cerimonie è il tamburo sciamanico, strumento usato nelle cerimonie di discesa o di ascensione dello sciamano, per contattare gli spiriti, catturarli o spaventare gli spiriti maligni. Il tamburo è come gli spiriti animali che assistono lo sciamano, infatti egli ascende al cielo o discende negli inferi seguendo il suono monotono di questo oggetto. Il materiale di cui è fatto il tamburo ha spesso significati simbolici: presso i turchi veniva prodotto con legno non contaminato di faggio e cedro, alberi giudicati sacri. La pelle dell’animale con cui viene realizzata la superficie del tamburo, non è scelta a caso. Viene utilizzata principalmente la pelle di cervo o capra di montagna, più raramente, pelle di puledro (o di cavallo).
Altri oggetti usati dallo sciamano possono essere bastoni a testa di animale, ciotole, recipienti contenenti prevalentemente sostanze stupefacenti o foglie di piante, sassi, ciottoli, bastoncini e altro materiale ricavato dalla natura e da utilizzarsi al momento opportuno. Va sottolineato che la musica e gli strumenti musicali sono particolarmente importanti nelle cerimonie e accompagnano le preghiere e le invocazioni. L’importanza della musica nella ritualità, come si vedrà in seguito, è tratto comune alle recitazione dell’epos da parte degli ozan turchi.
Si riporta infine, come esempio una poesia sciamanica registrata da Andrey Viktoroviç Anohin presso una tribù altaica della zone del fiume Katun, nella Siberia sudoccidentale, tra il 1910-1912. Questa poesia-preghiera è un’invocazione a Kuday:
Tu che muovi il sole e la luna,
che sposti le nuvole bianche,
che abbatti le foreste nere,
che misuri le particelle col cucchiaio e col mestolo.
Che distruggi le rocce nere,
che rendi piccole come pietre focaie,
Yalgınçı (che provoca fulmini), Küŋürtçi (che provoca lampi)!
Tu hai creato il kut (prestanza fisica) degli animali con una sola criniera,
Tu hai creato la testa e il corpo rotondo.
Tu hai creato il ventre,
Hai plasmato chi ha le ciglia.
Quando batti il piede sulla terra,
Terra e mare tremano,
Quando produci frastuono,
I cuori dei forestieri
bruciano di paura,
Oh, nostro Kuday che sei nell’alto dei cieli,
Ti preghiamo!
Introduzione alla cosmologia turca delle origini
Secondo diversi studiosi, i turchi, similmente ai cinesi, concepivano il globo terrestre come un rettangolo o un quadrilatero con al centro un cerchio che simboleggiava il firmamento celeste. Al centro di questa rappresentazione erano poi posti una montagna veneranda (per i turchi i monti noti come Ötüken, Kan-Tengri, Altun-Yış-Foresta d’Oro) e l’Albero del Mondo, i quali congiungevano cielo e terra che a loro volta erano suddivisi in varie sfere. punti cardinali, associati al momento della giornata in cui sono raffigurati nel diagramma cosmologico, pertanto il punto orientale corrisponde al mattino (cioè l’alba), il sud rappresenta il meriggio (mezzogiorno), l’ovest si identifica con la sera (tramonto) e il nord coincide con la mezzanotte. Questo schema ricorda il mandala, che nel buddismo rappresenta oltre che un pantheon simbolico, anche un’imago mundi. In tal senso, esso è anche un microcosmo e un “centro accentuato”. Infatti, nelle tradizioni delle comunità turche più antiche la pianta della terra e la città imperiale erano collegate sia allo schema dell’universo sia all’immagine del mandala.
Elemento essenziale, l’Albero del Mondo, tra i turchi che in seguito abbracciarono credenze sciamaniche, funge da asse o polo terrestre che si estende fino alla Stella Polare. A volte si tratta di un faggio, altre volte di un pino e al di sopra di questo, la cui cima spesso penetra nella sfera celeste sopra la terra, il dio Ülgen sedeva sul piano più alto del cielo. A tali alberi venivano talvolta aggiunti sette o, talvolta, nove rami.
In varie comunità turche, invece dell’Albero del Mondo, viene menzionata soltanto la Stella Polare come pilastro o chiodo celeste. Talvolta viene indicata come Altınkazık (palo d’oro) e altre volte come Demirkazık (palo di ferro). A volte viene utilizzato anche il termine “asta del sole”. Questa stella al centro del cielo, che viene paragonata alla cupola di una tenda, sostiene la volta celeste, proprio come il palo principale di una tenda sorregge la cupola della yurta. Tutte le stelle sono collegate all’asse principale della Stella Polare.
A volte capita che la montagna stessa assuma il ruolo dell’Albero del mondo. In altre parole, la montagna costituisce l’asse terrestre. Inoltre, le grotte presenti in essa possono divenire simboli dell’universo in senso estremamente ampio, alludere a tematiche come la creazione, la nascita e simboleggiare il grembo materno. Gli elementi cosmologici che abbiamo identificato, come asse, si trovano al centro dell’universo e del mondo, punto che talvolta definito come “l’ombelico del mondo”.
Le tende turche chiamate Ak-öy (yurta) riflettono questo stesso ordine cosmico e disegno universale. La soglia della tenda rappresenta l’entrata in un mondo protetto e chiuso. L’area del focolare e il foro nella parte superiore della tenda simboleggiano l’asse cosmico (axis mundi) e la Stella Polare. A volte, il palo della tenda è rappresentazione dell’Albero del Mondo, che costituisce quest’asse ideale.
Bisogna aggiungere che la concezione dell’universo dei turchi si fonda principalmente su una dicotomia, basata sul contrasto tra cielo e terra/acqua, espressa anche nella forma di yaruk (luce) e kararıg (buio). La creazione avviene quindi secondo questo contrasto. Infatti, nelle rappresentazioni della creazione il cielo è luminoso, mentre la terra è oscura (vedi le iscrizioni dell’Orkhon), oppure il Dio del sole è pieno di luce, mentre il Dio della luna è fonte di oscurità, oppure il fuoco è la luce mentre le acque sono l’oscurità. Secondo le spiegazioni in merito, l’assenza (adem) determinò il principio cardine, la cui natura non poteva essere compresa. Dall’assenza derivò la prima monade (un essere singolo). Diversi elementi all’interno di questo singolo essere costituirono gli elementi del yarug (cielo/yang) e del kararıg (terra/yin). Questi due elementi venivano rappresentati nel T’ai Chi T’u, un cerchio mezzo nero e mezzo bianco chiamato, dell’arte e della cultura cinese. Altri cinque elementi emersero poi da questi due elementi, come acqua, fuoco, legno, metallo e terra. Questi elementi coesistevano con vari elementi analoghi nel piano cosmico. Tuttavia, secondo alcuni studiosi, gli elementi principali che compongono il mondo sono, solamente, acqua, fuoco, terra e aria.
Secondo le narrazioni raccolte da Radloff, presso le popolazioni altaiche, il mondo è composto da vari strati, che sono separati l’uno dall’altro in un modo specifico. Si formano così i diciassette piani del cielo, ovvero il regno della luce, e i sette o nove piani del sottosuolo, ovvero il regno dell’oscurità. Tra questi due strati si trova la terra, dove risiedono le persone.
I miti e i poemi della creazione
In relazione alla cosmogonia, gli antichi turchi coltivavano i propri miti della creazione; che tuttavia erano influenzati dalle cosmogonie straniere importate da varie religioni; pertanto la cosmogonia turca perdette molte delle proprie peculiarità.
Le leggende del XIX secolo sulla creazione del mondo, identificate da Verbitski e Radloff, presso le tribù turche Altaiche e Yenisei sono visibilmente influenzate da leggende indo-iraniane ed ebraiche, nonché dal manicheismo e buddismo. In tali leggende, gli dèi Mai-Tere e Mangda-Şire si possono considerare simili alle divinità indiane, gli dei Huday, Körmös o Kurbustan, a quelli iraniani, e la leggenda dell’esilio di Törüngey e di sua moglie Eje dalla terra del dio Orunsüdü è piena di elementi di matrice ebraica.
Nonostante la cosmogonia degli sciamani turchi in generale riconosca “dèi creatori” (ayisit, yayuçu), non riconosce il concetto di “creazione dal nulla”. Le prime divinità che compaiono hanno tra le mani degli elementi primordiali su cui volare o su cui poggiarsi, materiali che sono sempre esistiti che servono per “creare” il cosmo e gli elementi in esso. Secondo gli altaici, l’acqua era presente prima della creazione della terra, che viene formata da Kuday (o Ülgen) dal fango prelevato dal fondo del mare da “Kişi” (persona) che era amico di Dio. Allo stesso modo le prime persone crebbero come frutti su un ramo di un albero.
Un’interessante testimonianza di un poema altaico sulla creazione della terra (yeriding pütkeni) è stato tramandato da W. Radloff alla metà del XIX secolo. Il testo inizia in questo modo:
In principio vi era solo l’acqua, senza cielo, luna, sole o terra. Kuday, Dio, e Kişi, l’uomo, volavano sulle acque come oche nere. Kuday non aveva pensieri, mentre Kişi, sentendosi più potente di Kuday, generò un vento che increspò le acque, spruzzando Kuday in faccia. Kişi si immerse nelle acque, rischiando di annegare, e gridò: “Salvami, o Dio!”. Kuday esclamò: “Oh Kişi, emergi!” E Kişi improvvisamente emerse dalle acque.
Dio creò, allora, una pietra solida su cui Kuday e Kişi si posarono. Kuday comandò a Kişi portargli dal fondo del mare della sabbia con cui creò la terra. Kişi, su comando di Dio, si tuffò di nuovo, ma questa volta nascose un po’ di sabbia in bocca che quando fu in superficie cominciò a gonfiarsi. Kuday ordinò a Kişi, che stava per soffocare, di sputare quella terra che si trasformò cosi in colline e montagna. Kuday, adiratosi, disse:
“Ora sei diventato un peccatore; hai nutrito pensieri malvagi nei miei confronti. Anche i pensieri delle persone che ti obbediscono saranno malvagi. I pensieri delle persone che mi obbediscono saranno puri; vedranno il sole, vedranno la luce. Mi chiameranno il vero Kurbüstan. Tu sarai chiamato Erlik; coloro che mi nascondono i loro peccati saranno sempre la tua gente; coloro che ti nascondono i loro peccati saranno sempre la mia gente!”
Erlik (Satana) scoprì che Kuday aveva creato gli uomini e ne fu geloso. Così decise di tentare Törüngey e sua moglie Eje a cui Dio aveva proibito di mangiare una parte dei frutti di un albero che li nutriva. Entrato nel serpente-guardiano porse un frutto a Eje che ne mangiò e lo diede al marito. Kuday, scoperta la cosa, si adirò con i due progenitori che furono scacciati dalla protezione di Dio e furono costretti a badare a se stessi e a procreare. Erlik fu invece mandato in esilio agli inferi. Dio mandò così Mai-Tere a insegnare agli umani le nozioni essenziali per la sopravvivenza. Erlik intanto, perdonato da Dio, ritornò in Paradiso dove pose accanto a sé i suoi seguaci. Uno dei santi devoti di Dio, Mangda-Şire, acquisita abbastanza potenza, si batté con Erlik scacciandolo dal Paradiso e uccidendo i suoi adepti. Satana supplicò Kuday di concedergli un mondo dove stare ed egli gli offrì la possibilità di creare il suo mondo. Però Erlik disobbedì nuovamente a Dio:
Erlik impugnava un martello, un mantice e un’incudine. Con un colpo uscì una rana, con un altro colpo un serpente, con un altro ancora un orso, poi un maiale, e ancora un altro colpo e apparvero gli albib (spiriti maligni). Un altro colpo e si manifestò sülmus (spirito malvagio), e infine un cammello. Kuday giunse e prese il mantice, il martello e l’incudine di Erlik, gettandoli nel fuoco. Il mantice si trasformò in una donna e il martello in un uomo. Dio catturò questa donna e le sputò in faccia. La donna si tramutò in un uccello e volò via; la sua carne non era commestibile, ma le sue piume potevano essere usate come indumento. Questo uccello è conosciuto come “kurday”. Dio prese l’uomo e gli sputò in faccia, anch’egli si trasformò in un uccello. Questo uccello è chiamato “Yalban”.
Allora Kuday si rivolse al suo popolo, gli ordinò di fare il bene e gli impartì dei comandamenti da seguire. Poi si rivolse ai suoi messaggeri:
Indirizzandosi a Yapkara, Kuday disse: “Stai attento! Se Erlik cerca di sottrarre le anime dei morti, riferiscilo a Mangda-Şire; egli è forte”. A Şal-Yime disse: “Stai attento! Evita che Albis e Şulbus escano dagli inferi; se si manifestano, avvisa subito Mai-Tere perché li respinga! Egli è potente”. Rivolgendosi a Podo-sunku, disse: “Attendi il sorgere della luna e del sole. Riferisci a Mangda-Şire di sorvegliare i cieli e la terra!”. A Mai-Tere ordinò: “Allontana i malvagi dai buoni, Mangda-Şire, combatti gli spiriti maligni! Se incontri difficoltà, invoca il mio nome! Insegna alle persone azioni virtuose e buone. Insegna loro l’arte di pescare con una lenza, di colpire gli scoiattoli e di allevare gli animali!”.
Dopo avere dato gli insegnamenti necessari agli uomini Mangda-Şire e Yapkara ritornarono al fianco di Dio, lasciando l’umanità a se stessa.
Il poema della creazione identificato da Verbitski differisce notevolmente dal mito identificato da Radloff. L’inizio della leggenda recita:
In tempi antichi, non esisteva né cielo né terra. Vi era soltanto un mare infinito, e il dio Ülgen volava su queste acque, cercando disperatamente un luogo solido dove posarsi. Ma invano. Fu allora che il suo cuore fu colmato di ispirazione divina: “Prendi l’oggetto dinanzi a te!” Ulgen ripeté queste parole sacre e distese le mani, afferrando una roccia improvvisamente emersa, su cui si sedette. Così, avendo trovato un luogo di riposo, desiderò dare forma al mondo. Ma ponderava: “Che cosa creerò? E come lo creerò?” All’improvviso, Ak-ene apparve davanti a lui, emergendo dalle acque, e disse: “Se desideri creare un oggetto, pronuncia le parole ‘l’ho fatto ed è stato creato’, ma non affermare mai ‘non l’ho fatto e non si è creato’!” Poi, scomparve all’istante, non facendosi più vedere da nessuno.
Su ordine di Ak-ene, Ülgen iniziò immediatamente a creare la terra e i cieli. Plasmò tre enormi pesci per sorreggere il mondo: due ai confini, uno al centro con testa a nord. Quando la testa di quest’ultimo si abbassava causava alluvioni dal nord e inondava il mondo intero. Il pesce era legato a un palo con una catena ed era custodito da Mangda-Şire. Ülgen sedeva su una montagna dorata chiamata “ay, kün tiygen altın tü” (toccata dalla luna e dal sole). La creazione del mondo durò sei giorni, e il settimo giorno Ülgen si ritirò per riposare e si alzò l’ottavo giorno. Ülgen creò novantanove mondi. Ogni mondo aveva una superficie terrestre e un inferno. La Terra era il più piccolo ed era chiamata Kara Tengere. Mai-Tere ne era il sovrano e i suoi inferi erano governati da Kerey Khan. Ülgen creò l’uomo dalla terra:
“[…] il dio Ülgen scorse un frammento di terra che galleggiava sulla superficie delle acque. Su quella terra si trovava uno strato di argilla che somigliava a un corpo umano. “Cos’è quest’oggetto privo di vita? Sii una persona!” esclamò Ülgen. E così, la terra assunse le sembianze di un essere umano reale. Ülgen lo chiamò Erlik.”
Dio designò Erlik come suo fratello minore. Ma, col passare del tempo, questi desiderò essere più grande e più potente di Ülgen. Infine, Erlik si ribellò a Dio e gli divenne ostile. Così Ülgen creò Mangda-Şire e altri sette uomini dalle canna e dal fango. Plasmò infine Mai-Tere, ordinandogli di governare l’umanità.
Oltre a queste due testimonianze, Radloff riferisce anche di un’ulteriore leggenda sulla creazione, registrata presso i turchi tatari di Lebed:
“Prima ovunque c’era acqua e non c’era la terra da nessuna parte. Quindi il dio mandò un cigno nell’acqua e gli ordinò di portare con il becco un po’ d’acqua. Ma quando si è tuffato in acqua, un pezzo di terra rimase incastrato nel becco del cigno, quindi l’uccello lo soffiò via. Pezzi di terra caddero nell’acqua sotto forma di minuscole particelle di polvere e iniziarono a galleggiare. Crescendo e diffondendosi, questa polvere formò la terra. Ma il terreno era piatto e piano. Dio mandò un secondo uccello sulla terra per rimescolare con il becco la terra. Così si formarono montagne e valli, ma la terra bella e senza alberi non piacque al diavolo. Creò quindi il Karaorman (la Foresta Nera) con le sue paludi. Gli umani che vivevano in quel luogo erano poveri e difficilmente sopravvivevano. Dio creò prima un essere umano che viveva solo sulla terra, questo era maschio. Un giorno, mentre dormiva, il diavolo gli toccò il petto. Quindi, un osso crebbe dalle costole dell’uomo e cadde a terra, quando si fu allungato, ne nacque la donna.”
Una leggenda sulla creazione, narrata dallo storico turco egiziano Ebubekir b. Abdullah b. Aybek ed-Devadari, racconta che il primo uomo di nome Ay Atam (padre luna) nacque da del fango portato da un’inondazione in fessure che assomigliavano a figure umane che si trovavano in una grotta. Allo stesso modo fu creata successivamente la prima donna, chiamata Ay-va (viso di luna). Ay Atam e Ay-va si sposarono e da loro nacquero quaranta figli, metà dei quali erano maschi e metà femmine, i quali si sposarono a loro volta tra loro. Da come si può vedere, Davadarî deve aver mescolato elementi delle leggende degli Oğuz con le varie narrazioni diffuse durante il periodo mongolo, aggiungendovi particolari delle narrazioni iraniche e greche.
Come si può notare tutte le testimonianze dei miti e dei poemi sulla creazione appaiono ampiamente contaminati da influenza di altre religioni. In ogni caso è ancora possibile notare un sostrato mitologico e cosmologico sciamanico che rimane presente nonostante i prestiti iranici, buddisti, manichei ed ebraici. Queste testimonianze ci possono dare in qualche modo alcune idee su come i turchi avevano pensato il momento della creazione. Ai miti della creazioni è poi legata una serie di poemi etnogonici turchi, di fondamentale importanza per la letteratura turca preislamica. Questi testi di cui ci rimangono varie testimonianze, alcune delle quali anche abbastanza estese differisco dai poemi della creazioni per un fatto che mentre i poemi della creazione parlano della nascita di tutto il genere umano, quelli etnogonici narrano la creazione di un popolo specifica, cioè dei turchi. A questi poi si aggiungono i poemi degli eroi. Il poema che unisce questi due tipologie di poemi è l’epopea di Oğuz Kağan. Di queste opere si parlerà nello specifico in seguito.